Di Andriy Kostynskyi
Traduzione di Giulia De Florio
MEZZO PUNTO CROCE
incollo l’anima a forma di croce
non per le bombe
che mettono alla prova
i muri portanti,
ma perché l’anima non sia distrutta
da сiò che non si può cogliere,
da ciò che non si può toccare,
da ciò che non si può sigillare
nel vaso di pandora
/l’ho scostato
ho guardato
ho richiuso/
ho gridato
e a salvare l’anima dal lamento
è la riga del lamento precedente
ogni linea è un mezzo punto croce
TRE PUNTINI
tre finestre nere:
la finestra di destra è del figlio,
in mezzo la finestra della figlia,
a sinistra la finestra per la gatta
Njuša è l’unica che se ne è andata,
quella notte la gatta ha accolto
la morte per tutti noi:
il nero sui muri
esterni bruciati
sembra
spandersi davanti ai nostri occhi
come se l’anima felina,
non credendo ancora a una morte così,
cercasse di scappare
da questo inferno
la bomba a grappolo
ha lasciato un cratere in cortile
nel punto
che superavo portando i bambini
al parchetto,
e dai chioschi si sentiva borbottare:
«bisogna coprirli meglio, i bambini
se no prendono aria e si ammalano»
ora l’aria di inizio primavera
canta una ninna nanna
alla (non)casa morta
dove sono bruciati tutti gli album
di tutte le generazioni
quando i nipoti dei miei figli
chiederanno di fargli vedere
le foto di mio nonno,
che ha sconfitto il fascismo nel ‘45
sentiranno:
«non ci sono foto del trisnonno:
le hanno bruciate i fascisti».